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Claudio Mazza, pittore piacentino di adozione, si è dedicato fin dalla più giovane età a poliedriche esperienze artistiche, che lo hanno portato a spaziare dalla composizione musicale all’arte visiva in genere.

Il percorso pittorico di Claudio Mazza, che ha avuto inizio nei primi anni Novanta con una originalissima impostazione creativa, seppur totalmente immersa nella vena fantastica e surrealista che ha segnato gran parte dell’ambiente artistico piacentino della seconda metà del Novecento, è via via approdato ad una pittura caratterizzata, ad un tempo, dalla più assoluta libertà espressiva e da un rigore quasi scientifico, raramente riscontrabile in campo artistico.

La prima esposizione personale risale al 1996, ed è stata seguita da un percorso che lo ha ben presto portato alla collaborazione con gallerie di indiscusso prestigio nel panorama nazionale e all’instaurazione di rapporti con organizzazioni e gallerie estere (dopo la mostra dedicata nel 2009 a “Les Italiens” dalla Maison des artistes di Cagnes sur Mer in Costa Azzurra, ha recentemente preso parte all’esposizione presso la Sabornica Galerija di Parenzo in occasione dell’ingresso della Croazia nell’U.E. e a un ciclo di mostre negli Stati Uniti, nelle città di San Diego, Miami, Los Angeles e Huston)
 

Il “filo conduttore” di tutta la sua attività artistica può essere individuato nella tensione intellettuale che lo porta, da un lato, ad esplorare i significati più reconditi dell’esistenza, a cui raramente dedichiamo attenzione nella vita quotidiana e, dall’altro, alla assoluta esigenza di rappresentare l’Essenziale, che nasce dalla sua intima personalità e lo porta istintivamente a considerare alla stregua di un inutile e ridondante orpello ogni concessione all’estetica della “retorica” (evidentemente, poco o nulla interessato ad accattivarsi con facili scorciatoie il favore del pubblico più legato a concezioni tradizionali della pittura).

Le più recenti caratteristiche della sua espressione pittorica si sostanziano, più in particolare, nell’affiorare da sfondi uniformi o da un dedalo di campiture, a volte armonico ed altre dissonante (in un’alternanza sapientemente mutuata dalla composizione musicale), di forme umane o di altra natura rappresentate in maniera frammentata, in una costruzione in cui le linee geometriche che si intersecano sovrapponendosi o instaurando comunque reciproci rapporti segnano, insieme con i preziosi frammenti materici, i “limes” di quelle forme (o, meglio, dei “pezzi” in cui esse vengono frantumate e, a volte, quasi celate). Ed è proprio quella rappresentazione parcellizzata a richiamare antiche memorie, il cui significato originario o recondito viene esaltato dalla disarticolazione dei “concetti” rappresentati.


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